Come noto, nell’ambito dei rapporti di vicinato, la pacifica convivenza non è affatto una circostanza scontata.
In tali contesti molteplici possono essere le condotte di disturbo perpetrate da un inquilino irrispettoso, comportamenti che, a seconda dei casi, possono determinare responsabilità di natura civile e/o penale.
Nella pronuncia qui in commento (Corte di Cassazione, sentenza del 20/10/2020 n. 22860), il giudice di legittimità ha affrontato il caso di un inquilino che aveva posto in essere a danno degli altri condomini una serie di comportamenti molesti (nella specie, ingiurie e imbrattamenti con vernice del portone di ingresso).
Alla luce di questi comportamenti, il proprietario dell’appartamento condotto dall’inquilino molesto, ricevute le lamentele degli altri condomini, si rivolgeva all’autorità giudiziaria chiedendo che fosse dichiarata la risoluzione del contratto di locazione stipulato con il conduttore e la convalida dello sfratto a questi intimato.
Sia in primo grado che in appello i giudici accoglievano le domande formulate dal proprietario, ravvisando in capo al conduttore un inadempimento contrattuale e condannando quest’ultimo a rilasciare l’immobile.
In virtù di tali pronunce, il conduttore proponeva allora ricorso per Cassazione.
Ebbene, con il provvedimento qui in commento anche i giudici di legittimità, investiti della questione, hanno confermato le pronunce dei giudici di primo e di secondo grado suffragandone nella sostanza le motivazioni.
Infatti, secondo la Suprema Corte, tra le obbligazioni che il conduttore deve adempiere nell’esecuzione del contratto ricorre anche prevista all’art. 1587 del Codice Civile, ovvero quella di servirsi dell’immobile con la «diligenza del buon padre di famiglia».
La violazione di questa norma, realizzatasi nella vicenda esaminata attraverso il compimento degli atti di molestia descritti, a parere della Corte, è quindi da qualificare come abuso della cosa locata e, pertanto, inadempimento idoneo a provocare la risoluzione del contratto di locazione stipulato.
In definitiva, secondo la Corte di Cassazione, la tutela approntata dal locatore avverso le intemperanze e molestie arrecate allo stabile dal proprio conduttore è da ritenere del tutto legittima e la stessa potrà essere attivata anche nel caso in cui si realizzi un solo episodio di molestia particolarmente significativo.
Anche in virtù di questa pronuncia, si ravvisa pertanto l’opportunità di inserire nei contratti di locazione da stipulare apposite clausole che consentano al locatore di approntare una tutela a priori, specificando, per esempio, come le eventuali molestie e liti con gli altri proprietari dello stabile possano costituire, ove provate, causa immediata di risoluzione del contratto e legittimare quindi lo sfratto dall’immobile.
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